Antonio Chiarparin è nato a Treviso nel 1955 ha studiato clarinetto sotto la guida del M° Davide Zambon e dal M° Silvano Patuzzi, si è diplomato a Udine. Per la strumentazione e la composizione è stato seguito dai Maestri Romano Samarini e Cesare Pravato. Ha collaborato con diverse orchestre ed ha svolto un’intensa attività concertistica sia come solista che in formazioni da camera. Dopo aver interrotto l’attività strumentale per problemi alle mani, si è dedicato alla direzione (dal 1987 è direttore della Banda Musicale Cittadina “D. Visentin” di Treviso) e alla composizione con diversi lavori legati alla didattica del clarinetto e al recupero del patrimonio musicale (ad esempio il manoscritto di G. Rossini conservato nella Biblioteca Comunale di Treviso). Delle sue composizioni per banda vanno ricordate: “Due lettere” scritta per l’UNICEF di Treviso; “7 aprile 1944” eseguita a Palazzo dei Trecento in occasione del 50° anniversario del bombardamento della città di Treviso e recentemente “Etoglodeo” che ha inaugurato, con una composizione del M° Giusto Pio, la mostra internazionale di macro sculture aperta sempre a Treviso sulle antiche mura della città nel giugno del 1998. Laureato in architettura, dipartimento di restauro, con il massimo dei voti con una tesi sull’edilizia minore a Treviso dal 1150 al 1450, è insegnante di educazione musicale nella scuola media. Da diversi anni collabora con la casa editrice Pizzicato di Udine per la quale ha pubblicato alcune sue composizioni: - Omaggio a Zoltan Kodaly per 9 clarinetti e clarinetto basso; - Andante per 5 clarinetti; - Canzona per 3 clarinetti; ed inoltre le seguenti revisioni: - Omaggio pastorale di G. Rossini composto per la commemorazione di A. Canova; - Recitativo e duetto di G. Rossini composto per la commemorazione di A. Canova; - Dodici studi d’obbligo per il compimento inferiore di clarinetto;
Prefazione
Il desiderio di conoscere le origini e lo sviluppo del proprio strumento, nasce da una specie di richiamo misterioso che ad un certo punto si fa strada in coloro che lo amano profondamente. Amare il clarinetto, nel mio caso, significa averlo interiorizzato, averlo fatto diventare un prolungamento delle corde vocali, un "complice" delle mie emozioni. Quando si riescono a dominare le sonorità dell'intera gamma, quando certi effetti escono dallo strumento senza una premeditazione intellettiva ma come conseguenza sensoriale-affettiva di uno stato emozionale, allora si è raggiunta la complementaiietà con lo strumento che diventa una parte integrante di se stessi. Cercare dunque le "radici", lo sviluppo, la storia del clarinetto, diventa in questo contesto una necessità sia per migliorare se stessi che per conoscere meglio il proprio compagno di emozioni, i suoi limiti, il perché di certe peculiarità che ne fanno un caso a parte nell'intera storia degli strumenti musicali. Questa "necessità" può spingere ad una ricerca complessa e faticosa; nel caso mio però c'è anche una grande curiosità nata quando, da piccolo, frequentavo la bottega di mio padre (artigiano riparatore di strumenti musicali) e vedevo strumenti di tutti i tipi e dimensioni, smontati in decine di pezzi inermi che una volta rimessi assieme, davano origine a meccanismi perfetti.
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