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Difficilmente il Novecento potrà essere considerato tra i secoli anonimi.

E’ ancora troppo vicino a noi per tentare di racchiuderlo in una semplice categoria che, nella sua sintetica immediatezza, è pur sempre caratterizzante. Ad alcune etichette di segno chiaramente positivo che lo ricordano come il secolo del “progresso”, della “velocità”, della “emancipazione”, soprattutto della donna, finalmente intesa -almeno sulla carta- soggetto della vita politica ed intellettuale, della “intelligenza artificiale”, il secolo del “mito” -quello della passione rivoluzionaria che prese corpo nel ‘17, poi tramontato o forse tradito- ne sono state accostate altre di segno opposto che lo decifrano come il secolo della “violenza”, delle “idee assassine”, della “paura”, delle “ideologie”, della “follia collettiva”, “delle tenebre”, del “passato che non passa”, della “ morte di Dio”, che forse autorizzano a leggere gli anni che lo hanno attraversato come autentici “anni neri”.

Il testo, tra il manuale con antologia e la monografia critica, ripropone una sintesi dell’interpretazione storico-filosofica dei momenti più significativi del ‘900 nella convinzione che la democrazia, nella sua fragilità, è un bene prezioso che accompagna la libertà, la tolleranza, la valorizzazione delle differenze. Bisogna allontanare l’illusione di poter costruire una società assolutamente perfetta, e tuttavia non si deve smettere di impegnarsi nella costruzione di un bene comune.